Nel XIII secolo Villamar, l'antica Mara Arbarei, sorse tra i fiumi riu Mannu e riu Cani, posizionata sulle colline della bassa Marmilla al confine con la Trexenta. Nel Medioevo fu uno snodo importante delle rotte del grano nel Mediterraneo e nel XVI secolo, infatti, la zona fu colonizzata da mercanti delle Baleari, i quali lasciarono in eredità al borgo il suo caratteristico quartiere maiorchino, simbolo del passato ispanico. Il quartiere maiorchino è nel centro storico, fatto di dimore tipiche in pietre e mattoni di fango, esattamente in mezzo a due delle otto chiese di Villamar: la chiesa di san Pietro e la parrocchiale di san Giovanni battista. La prima, in arenaria e vulcanite, ha pianta a due navate, delle quali la prima fu costruita nella seconda metà del XIII secolo, l’altra poco dopo. La parrocchiale (XIII secolo), nata su un preesistente edificio romanico che rivela le sue tracce sulla facciata, è frutto di una ricostruzione cinquecentesca secondo canoni gotico-catalani, di restauri e ampliamenti successivi. Altri edifici di culto degni di interesse, entrambi del XVI-XVII secolo, sono la chiesa di Antiochia, che conserva statue "a cannuga" di tradizione spagnola e sculture di santi in legno intagliato e policromato, e la chiesa della beata Vergine d’Itria, posta tra campi coltivati fuori dal paese e realizzata in forme tardo-gotiche di impronta spagnola. Quest'ultima viene festeggiata a fine agosto con una processione preceduta da cavalieri, "traccas" (carri a buoi addobbati) e fedeli che intonano "is coggius". Secondo una leggenda, il simulacro della Madonna venne trovato da pescatori o marinai dentro una cassa galleggiante nelle acque del Golfo di Cagliari alcuni secoli fa. Tuttavia, il borgo non è solo religione: tra le sue vie si possono ammirare numerosi murales dipinti da esuli cileni o da artisti locali, in particolare Antioco Cotza e il suo amico cileno ed esule politico Alan Joddré. Oltre ai murales, sono tante le tradizioni artigianali che fanno parte delle radici culturali di Villamar: dalla scultura alla lavorazione dell'ossidiana, dall'impagliatura di sedie tradizionali all'arte del ricamo. Ma i veri protagonisti delle radici culturali del borgo sono i "malloreddus", ovvero gli gnocchetti sardi, tipica pasta della cucina sarda. Con la loro forma di conchiglie rigate, sono fatti di farina di semola e acqua e rappresentano il prodotto per eccellenza della zona del Medio Campidano (provincia del Sud Sardegna). Sono conosciuti anche come "macarrones de punzu", cigiones, macarones caidos e cravaos. In ogni caso, i viaggiatori di passaggio non potranno perdere l'occasione di assaggiarli, magari dopo aver esplorato la meravigliosa necropoli punica incastonata nel centro storico del paese, scoprendo così uno dei sapori più caratteristici della Sardegna e delle sue radici culturali.
COME ARRIVARE: L'aeroporto più vicino è quello di Cagliari (41 km). La stazione ferroviaria di riferimento è quella di S. Gavino (15 km). Da Olbia: SS 131 Diramazione Centrale Nuorese/SS131dcn da Strada Maggiore Pietro Bonacossa e SS597/SS729, seguire SS 131 Diramazione Centrale Nuorese/SS131dcn e E25 in direzione di SS 293 di Giba/SS293 a Samassi, prendere uscita SS197-SS293 da E25, direzione SS 197 di S. Gavino e del Flumini a Villamar.
ALTRI LUOGHI DA VISITARE: Da vedere l'area archeologica di Sa Domu 'e S'Orku, le Nuraghe Genna Maria e Sedda Sa Caudeba. Da non perdere anche il borgo di Villanovafranca con le sue perle archeologiche.
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Queste pagine sono curate dall'Osservatorio di Ass.: ITALIANO ALL'ESTERO
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