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Riforma cittadinanza: il parere della Commissione esteri


ROMA - Nella seduta di ieri, la Commissione Affari Esteri della Camera ha approvato il parere per la Commissione Affari Costituzionali sulla riforma della legge sulla cittadinanza. Alla presenza del sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, il relatore Palazzotto (Pd) ha illustrato ai colleghi la sua proposta di parere favorevole con un'osservazione volta a “sollecitare una riflessione nella I Commissione sulla opportunità di riconsiderare le fattispecie di acquisto della cittadinanza iure sanguinis, nel senso di porre limiti temporali ragionevoli alla ricostruzione della linea di trasmissione della cittadinanza e di introdurre requisiti che possano attestare un legame genuino con il Paese e con il patrimonio culturale e linguistico italiano”. Nel dibattito, Fucsia Nissoli – deputata di Forza Italia eletta in Centro e Nord America – ha espresso “grande rammarico per l'indifferenza, vergognosa e insopportabile, che ha portato la Commissione Affari Costituzionali ad escludere, nel testo unificato in esame, le norme per consentire agli italiani all'estero di riacquistare la cittadinanza. Si tratta di una vera e propria discriminazione, visto che molti di loro hanno completato in Italia lo stesso ciclo di studi – in taluni casi, anche quelli superiori – che consentirebbe gli stranieri, in base alla nuova disciplina, di ottenere la cittadinanza”. Preannunciando il voto contrario della Lega, Guglielmo Picchi ha ribadito che “la disciplina vigente è più che generosa nella concessione della cittadinanza, ponendo l'Italia ai primi posti in Europa per numero di nuove acquisizioni, al netto delle cittadinanze concesse agli italo-discendenti. La normativa in vigore, tra l'altro, prevede un accurato e condivisibile percorso di naturalizzazione, che può intervenire solo al momento del compimento della maggiore età”. Quanto all'attribuzione della cittadinanza agli oriundi, “in diversi Paesi il procedimento è giuridicamente differenziato – ad esempio, nel Regno Unito prende il nome di “registrazione come cittadino” –, a conferma che si tratta di una fattispecie a sé, da tenere ben distinta dalle altre ipotesi di acquisto della cittadinanza”. Quindi “è del tutto inaccettabile e giuridicamente insensata la formulazione proposta dal relatore, che pone limiti temporali alla ricostruzione della linea di trasmissione della cittadinanza” visto che “introduce un non meglio precisato “legame genuino” con il patrimonio culturale e linguistico italiano. Non si comprende perché prevedere dei requisiti rispetto ad uno status civitatis cui si ha diritto a prescindere in quanto italo-discendenti. Tale requisito, peraltro, rischia di rendere impossibile ad un funzionario italiano residente all'estero di trasmettere la cittadinanza ai propri figli nati all'estero”. Secondo il deputato leghista “solo l'introduzione del criterio dello ius soli potrebbe giustificare l'inserimento di limiti ai diritti degli italo-discendenti”. Infine, citando la propria esperienza da sottosegretario agli esteri, Picchi ha concluso sottolineando che “occorre promuovere ogni sforzo per digitalizzare – e dunque rendere più rapidi – i procedimenti, che non necessariamente devono portare ad un esito positivo, e dunque alla concessione della cittadinanza. Per contenere le richieste e limitarle solo ai soggetti davvero interessati, si potrebbero fissare – sempre sul modello inglese – tariffe congrue e cospicue per attivare il procedimento e scoraggiare richieste pretestuose”. Voto favorevole, invece, dal Pd, come confermato da Laura Boldrini, che ha invitato i colleghi a “rimanere sul merito del provvedimento in esame, che si limita ad introdurre la fattispecie ius scholae, assai circoscritta quanto alla platea dei beneficiari e ben lungi dal configurare una pur necessaria revisione organica della disciplina, che necessiterebbe di ben altri interventi”. Per la parlamentare, l’osservazione del relatore è “opportuna” visto che “l'applicazione dello ius sanguinis ai discendenti di quarta o quinta generazione ha determinato evidenti storture e, non da ultimo, un sovraccarico di lavoro per la rete consolare, già duramente provata dalle carenze di personale”. Nella replica, Della Vedova ha spiegato a Picchi che “le problematiche non riguardano certo i figli di connazionali nati all'estero, che sono evidentemente cittadini italiani, ma l'enorme casistica di ricostruzione della linea di trasmissione della cittadinanza, che crea i maggiori oneri alla rete consolare, oltre a contemplare anche situazioni anomale di stranieri che si recano in particolare in Spagna per chiedere la cittadinanza italiana ai nostri consolati senza avere alcun nesso con il nostro Paese dove nemmeno intendono soggiornare”. La Commissione ha infine approvato il parere proposto dal relatore. Ne riportiamo il testo di seguito. La III Commissione, esaminato per le parti di competenza il testo unificato delle proposte di legge C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro recanti Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, all'esame in sede referente presso la I Commissione; evidenziato che, a trent'anni di distanza dall'approvazione della legge n. 91 del 1992, è opportuno prendere atto delle profonde trasformazioni intervenute nella società italiana e aggiornare le norme in materia di cittadinanza secondo una prospettiva onnicomprensiva che ponga al centro la finalità dell'integrazione dei minori stranieri cresciuti in Italia e che abbiano studiano o studino in Italia, e ciò come parte di un percorso di prevenzione di marginalità ed esclusione sociale, che rappresentano il miglior terreno di coltura per fenomeni di grave insicurezza, come l'esperienza maturata da altri Paesi europei ha tragicamente dimostrato in anni recenti; evidenziato, altresì, che, nel raffronto con i maggiori Paesi europei, l'Italia figura tra i Paesi più restrittivi quanto alla concessione della cittadinanza ai minori stranieri nati o cresciuti in Italia e che, a fronte di un approccio sulla materia da parte del legislatore italiano fin qui incentrato sulle questioni della sicurezza e dell'immigrazione, è opportuno che per l'acquisto della cittadinanza acquisti maggiore centralità il ruolo della scuola come potente fattore di integrazione e, dunque, il nesso genuino con il nostro Paese fondato sulla condivisione del patrimonio culturale e linguistico italiano; condiviso, quindi, il dettato del testo unificato in esame che introduce una nuova fattispecie di concessione della cittadinanza orientata al cosiddetto principio dello ius scholae, cioè al principio per cui acquisisce il diritto alla cittadinanza il minore straniero nato in Italia, o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, con ciò offrendo ai minori stranieri la prospettiva di far parte di una comunità di cittadini, favorendo la loro partecipazione alla vita della comunità stessa e rimuovendo le disparità di trattamento attualmente esistenti rispetto ai minori cittadini italiani; valutato necessario – ai fini delle competenze di questa Commissione e in coerenza con il ruolo prioritario che il provvedimento riconosce alla condivisione di un medesimo patrimonio di valori culturali e linguistici come requisito determinante per l'acquisto della cittadinanza italiana – richiamare il tema della trasmissione della cittadinanza iure sanguinis per gli oriundi, per i quali la legge del 1992 non prevede limiti generazionali alla ricostruzione della linea di trasmissione della cittadinanza italiana iure sanguinis e neppure richiede la conoscenza di lingua e cultura italiana, unico caso tra i Paesi occidentali; considerato che, alla luce dei dati sull'incremento esponenziale delle richieste di cittadinanza registrate negli ultimi vent'anni, si pone un serio problema di sostenibilità della normativa attuale rispetto al grave sottodimensionamento della rete estera, impegnata in gravose procedure per la ricostruzione delle diverse casistiche, soprattutto in America Latina, e in particolare in Argentina e Brasile, in cui la platea degli italodiscendenti aventi diritto ammonta a milioni di concittadini potenziali; valutato che una revisione della normativa si impone anche al fine di scoraggiare pratiche di richiesta della cittadinanza finalizzate all'acquisto di un passaporto spendibile per un ingresso più agevole negli Stati Uniti o nell'area Schengen, oltre che per potere accedere a benefici di carattere sanitario, fiscale o economico che la legge riserva ai cittadini italiani; ritenuto necessario, altresì, tenere nella giusta considerazione fenomeni distorsivi, quale il cosiddetto «turismo di cittadinanza» o le richieste di riconoscimento della cittadinanza per via giudiziale, fatto che determina la formazione di una grave mole di contenzioso, esprime PARERE FAVOREVOLE con la seguente osservazione: valuti la Commissione di merito l'opportunità di integrare il provvedimento in esame con disposizioni volte a riformare la legge n. 91 del 1992 nell'obiettivo di riconsiderare le fattispecie di acquisto della cittadinanza iure sanguinis per gli oriundi nel senso di porre limiti temporali ragionevoli alla ricostruzione della linea di trasmissione della cittadinanza e con l'introduzione dei requisiti che possano attestare un legame genuino con il Paese e con il patrimonio culturale e linguistico italiano, congiunto ad una reciprocità di diritti e doveri”.

(aise)


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