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New York : l’Accademia italiana della cucina insegna come fare la pizza

NEW YORK - Un fuori programma per l'Accademia Italiana della Cucina, che la scorsa settimana ha invitato i suoi associati di New York City ad imparare come si fa la pizza. Decisamente un fuori programma per l'Accademia, che tratta cucina di alto livello, o come dicono i francesi "haute cuisine".

A fare da maestro è stato lo chef Roberto Caporuscio, proprietario di "Kestè Pizza e Vino" di New York City, un ristorante che si trova vicino alla Liberty Tower. Nel dialetto napoletano "kestè" vuol dire "questo è".

La stessa delegata dell'Accademia, Roberta Marini de Plano, aveva dichiarato nell'invito ai soci di prepararsi ad "una cena innovativa, spettacolare ed educativa che si distacca da quelle tradizionali del passato".

Chef Roberto ha prima raccontato la storia della pizza partendo dall'introduzione del pomodoro a Napoli, poi ha parlato dei vari tipi di pizze e quindi ha descritto le varie tipologie di mozzarella (il nome deriva dal fatto che a Napoli veniva "mozzata"). Dopo di ciò si è passati alla preparazione delle pizze invitando gli ospiti, divisi in gruppi di otto persone, a manipolare l'impasto e poi condirlo per creare pizze personalizzate.

L'idea della "Mani in Pasta", così l'evento è stato intitolato dall'Accademia, è stata ispirata dalla dichiarazione dell'Unesco che nel 2017 ha proclamato "Patrimonio Mondiale dell'Umanità" la pizza, o meglio, l'arte dei pizzaioli napoletani.

Seppur la pizza sembri esser nata a Napoli nel 1734, questa era già nota in paesi abruzzesi come Sulmona, L'Aquila e Penne intorno al 1200.

La combinazione tra lo chef napoletano Roberto e la delegata abruzzese Marini (di Teramo), entrambi residenti a New York, ha reso omaggio a tre caratteristiche della pizza: la popolarizzazione a Napoli, le origini in Abruzzo ed il suo largo consumo in America. Infatti, gli americani risultano i maggiori consumatori di pizza al mondo e la pizza che conosciamo oggi si è sviluppata proprio in America presso gli italo-americani. Originalmente, quella nata a Napoli era una pizza bianca ricca di aglio e olio.

"La proclamazione dell'Unesco - chiarisce Marini - vuole celebrare l'arte culinaria italiana che si esporta".

Da parte sua, lo chef Roberto, celebrato per la sua "Pizza Sabrina" (al tartufo), ha accolto gli ospiti dell'Accademia offrendo loro pizze "fritte" quasi indistinguibili da quelle al forno, e pizze senza glutine dal sapore simile a quelle con farine normali.



(aise)

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