ROMA - Pandemia e frontiere chiuse hanno ridotto la mobilità interna e fuori l’Italia. Lo confermano anche i dati Istat contenuti nel Rapporto annuale presentato questa mattina alla Camera. Nel capitolo “Effetto delle restrizioni sulla mobilità interna e internazionale”, l’Istituto nazionale di statistica certifica che le emigrazioni sono calate del 10,8%, stimando comunque in 9mila unità la perdita di giovani talenti nel 2020; conferma che i piani migratori di molti sono stati solo procrastinati nel tempo e che, al tempo stesso, molti immigrati, soprattutto over65, hanno lasciato l’Italia per tornare nel loro paese d’origine. I dati. “I flussi in calo da aprile. La drastica diminuzione della mobilità dovuta alle misure di contenimento sanitario ha comportato nel corso del 2020 il rinvio di progetti migratori o, in alcuni casi, il ritardo amministrativo nel perfezionamento di pratiche già avviate. Come effetto si è registrata una riduzione sostanziale del volume delle migrazioni interne e internazionali di fonte anagrafica. In particolare, l’andamento dei flussi migratori nel 2020 segna un minimo nel mese di aprile, in coincidenza con le restrizioni più drastiche agli spostamenti: rispetto a gennaio, ad aprile la mobilità residenziale si riduce del 64%, le iscrizioni dall’estero del 75% e le cancellazioni per l’estero del 62%. Con l’allentamento delle misure, a ottobre il recupero sui livelli pre-pandemia è pieno, tranne che per i flussi in uscita dall’Italia (in ogni caso non influenzati dalla normativa nazionale) che continuano a restare contenuti. In seguito, si osserva una nuova riduzione in corrispondenza delle nuove misure restrittive, ma di misura più limitata. I primi mesi 2021. I primi mesi del 2021 sono caratterizzati da una stabilità dei flussi interni e con l’estero con valori che però si attestano al di sotto di quelli osservati durante la fase di transizione. A confronto con la media del periodo 2015-2019, nel 2020 la mobilità residenziale interna è diminuita del 2,8%, mentre i movimenti da e verso l’estero hanno mostrato, ovviamente, un calo molto più consistente (-30,6% le immigrazioni e -10,8% le emigrazioni). A livello territoriale, il Nord segna cali dei trasferimenti di residenza anagrafica più contenuti (-1,7% per la mobilità interna, -26,2% le immigrazioni e -7,4% le emigrazioni), mentre il Mezzogiorno è l’area in cui la contrazione è stata maggiore (-4,4% mobilità tra comuni, -36,9% le immigrazioni e -15% le emigrazioni). Contestualmente, l’impatto sugli spostamenti di residenza dal Mezzogiorno al Centro-nord è stato particolarmente accentuato, con una diminuzione del 14 per cento rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Considerando il grado di urbanizzazione, le contrazioni sono generalizzate con l’unica eccezione dell’aumento dei flussi dalle città del Nord verso le zone rurali; i cali più consistenti riguardano, in tutte le ripartizioni, quelli che rispetto a ciascuna origine hanno per destinazione le aree densamente abitate: (+4,2 per cento). Flussi da e per l’estero. I flussi migratori da e per l’estero hanno mostrato un calo più deciso rispetto alla mobilità tra comuni italiani, date le chiusure generalizzate delle frontiere. In particolare, i flussi in ingresso nel 2020 si sono ridotti del 30,6% rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Le restrizioni dovute alla pandemia hanno determinato anche un effetto di composizione: hanno perso importanza alcune rotte tradizionali ma altre, che sfuggono alle statistiche ufficiali, sono state più trafficate. La contrazione dei flussi anagrafici in entrata del 2020 non ha riguardato tutte le aree geografiche nello stesso modo, sia in generale che nel corso dell’anno. Nei mesi di gennaio e febbraio, precedenti l’emergenza sanitaria, si osserva una riduzione media di ingressi del 8,8% rispetto alla media 2015-2019, concentrata nelle provenienze dall’Africa (-37,4%), mentre gli ingressi dall’America Latina aumentano di altrettanto. Durante il periodo della prima ondata pandemica, da marzo a maggio, si registrano consistenti cali delle immigrazioni (-66,3% complessivo) per tutti i paesi di origine. Nella fase di transizione e durante la seconda ondata le iscrizioni dall’estero subiscono riduzioni più contenute, con una lieve ripresa dei flussi provenienti dal Nord America. Quelli provenienti dai paesi africani mostrano sempre un calo di entità superiore alla media. In generale, nel corso del 2020, il flusso di immigrati provenienti dal Gambia e dal Mali si riduce del 67%, dalla Nigeria e dal Ghana del 54%. Per le provenienze asiatiche le riduzioni più consistenti si osservano per Filippine e Cina (-51%). È meno forte il calo degli immigrati dalla Romania (-40%), da anni principale paese di provenienza dei flussi di iscrizione dall’estero. Analoghe considerazioni valgono per i movimenti in uscita dal Paese, che dal 2015 al 2019 erano andati crescendo (+22%). Nei primi due mesi del 2020, i dati provvisori rilevano un considerevole aumento delle uscite (+20%) soprattutto verso i Paesi Ue e dell’America Latina. Durante la prima ondata (-37,3 per cento) si segnala una forte contrazione per i flussi diretti in Africa (-74,1%), nei paesi dell’Asia e Oceania (-58%) e verso gli altri Paesi europei (-54%), mentre si osserva una riduzione più contenuta per le emigrazioni verso l’America Latina (-8,8%). Nel periodo giugno-ottobre si torna circa ai livelli medi di periodo dei cinque anni precedenti ma successivamente le cancellazioni anagrafiche per l’estero presentano una nuova, ma meno marcata, contrazione (-18,4%). Trasferimenti di residenza. L’esame dei dati provvisori del 2020 sui trasferimenti di residenza con l’estero suggerisce come i comportamenti siano variati in base all’età, al genere e alla cittadinanza italiana o straniera di chi si sposta. Con riferimento al genere, la caduta rispetto alla media dei cinque anni precedenti dei movimenti anagrafici con l’estero è stata sensibilmente maggiore nel caso degli uomini e quella interna per le donne. Con riferimento alla classe di età e alla cittadinanza (italiana/straniera) di chi si è spostato, le diminuzioni dei flussi sono molto minori per gli italiani – per i quali in particolare le restrizioni in entrata dall’estero non si applicavano – e, tra questi, per le fasce giovanili. Le cancellazioni anagrafiche degli emigrati stranieri, che in media si sono contratte di quasi il 30%, sono invece cresciute nella classe degli ultra 65enni (+8,7%) per i quali è più plausibile un rientro in patria. I giovani. Negli anni più recenti si è assistito a un aumento dell’espatrio di giovani italiani e, tra questi, in particolare di quelli con un titolo di studio universitario, la cui quota sul totale delle cancellazioni anagrafiche è cresciuta dal 28% della coorte dei 25-34enni nel 2012 fino a quasi il 39% nel 2019. A un deflusso così consistente non sono corrisposti altrettanti rimpatri di giovani laureati, il cui numero è aumentato negli anni (da circa 2 mila del 2012 a più di 3 mila 2019) ma il cui valore si attesta su livelli nettamente più bassi, generando saldi migratori sempre negativi. La perdita di giovani talenti nel 2020 si stima ammonti a circa 9 mila unità. Le mete. Le restrizioni all’immigrazione legate alla crisi sanitaria, sono state attuate sia dall’Italia sia anche dai Paesi considerati mete preferite dai giovani laureati. Al momento non è possibile distinguere tra espatri effettivamente imputabili al 2020 e quelli dovuti a regolarizzazioni anagrafiche di persone già residenti. Nonostante questa cautela, sembrano esserci differenze nelle scelte migratorie sulla base delle destinazioni, con riduzioni particolarmente consistenti (in questo caso a confronto con la media del quinquennio 2015-2019) per gli espatri dei giovani laureati verso Germania, Austria e Australia. Una caduta rilevante si registra anche verso la Svizzera mentre Belgio e Olanda continuano ad attrarre flussi di giovani risorse (+29 per cento e +25 per cento) probabilmente allettati dai sistemi di agevolazioni fiscali già applicati in questi Paesi per richiamare e trattenere giovani talenti. Anche il Regno Unito mostra una variazione positiva dei flussi di espatriati dei laureati (+7,7 per cento). La pandemia sembra aver frenato, come era atteso, l’emigrazione dei laureati e favorito il rientro di giovani dall’estero. È difficile prevedere quanto questo possa tradursi in una modifica permanente delle propensioni a espatriare, in assenza di politiche mirate, tale da ridurre significativamente le perdite in termini di capitale umano che questo fenomeno sottende”. (aise)
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