MADRID - Nuovo appuntamento con le interviste del Comites Spagna ad artisti residenti nel Paese iberico. Questa volta ha incontrato Massimo Mauro, romanziere e filoso torinese residente a Denia, nella comunità autonoma Valenciana. “Sono nato a Torino alla fine dei ’50 da una famiglia operaia e molto dinamica e progressista dal punto di vista dell’educazione, la riforma del ’64 della scuola italiana ha fatto il resto. La caratteristica principale della mia vita è sicuramente il fatto di essere cittadino del mondo. Ho vissuto a Genova da piccolo e l’amore per il mare arriva da lì, per quello nei miei personaggi dei romanzi c’è sempre insieme alla fuga, la vela, la libertà, la rivoluzione di sé stessi e la lotta per i propri ideali. Quello che ho fatto l’ho fatto da solo, università compresa”. “La passione dello scrivere inizia dalla prima elementare con i libri per ragazzi, in cui mi impersonificavo con le storie. La vera svolta avviene a meta dei ’90 con uno stage alla Scuola Holden di Baricco, da lì inizia il mio percorso che mi ha portato a scrivere 7 romanzi e svariati racconti. “Tu hai una grande fortuna Max -mio nomignolo- che hai visto per quarant’anni la vita degli altri da un pulpito privilegiato”, così mi disse firmandomi l’attestato di presenza al corso. Difatti nei miei racconti c’è molto delle conoscenze della mia vita, anche dei racconti che ho sentito, ci sono milioni di ore passate a leggere con emozione, per quello amo Holden, il romanzo in sé stesso non ha una grande lirica, ma fa trasparire la voglia di curiosità. Difatti io scrivo capitolo per capitolo perché quando mi metto davanti al computer ho già lavorato con la mente dei mesi o anni sul romanzo, so già chi sono i personaggi e la fine, di solito mi faccio dei file per ogni personaggio e ci metto tic o abitudini, come si veste, se fuma o no, ecc. in più uso pezzi di storie vere o momenti storici particolare per cercare di spiegarli attraverso i personaggi, che di solito sono visti anche dal punto di vista psicologico. Devo ringraziare Baricco in questo moltissimo, per quello che adoro come scrive, d’altronde abbiamo frequentato la stessa università, professori e facoltà. Finisco dicendo che anche a me piace lo story telling come a lui, mi piace raccontare, credo che chi scrive debba avere uno sguardo sull’arte a 360º. Purtroppo oggi non e più così con i romanzi seriali” D. Perché hai scelto Denia per vivere? R. “Dal 2005 frequentavo la Spagna visto che mi ero fidanzato con una Saragozzana, innamoratomi subito di Margarita e della Spagna ho incominciato a pensare che prima o poi saremmo venuti qui a abitare. Nel 2009 vedo per la prima volta la costa blanca e ce ne innamoriamo, alla terza volta che veniamo a Denia in ferie il destino vuole che troviamo la casa che desideravamo e la fermiamo e nel 2014 ci trasferiamo definitivamente”. D. Quindi quando scrivi vivi la cosa come se fossi lì coi tuoi personaggi? R. “Si certamente, proprio così. È come se avessi una telecamera, che poi non altro che il narratore onnisciente usato in varie maniere, a volte col personaggio principale e a volte con i contorni, mi piace che il plot cresca come in una opera musicale con grandi voli d’aquila, ma anche con assoli lunghi e corti. Insomma desidero che il lettore non si stacchi, anzi che aspetti magari qualche capitolo dopo per leggere come finisce o continua la storia dei personaggi, cerco di andare in crescendo ecco”. D. A parte i file come fai ricordarti tutto? R. “Ho la bella abitudine di fare appunti come quando studiavo o studio ancora, non si finisce mai, brevi e concisi, trascrivo a volte le parti essenziali di un capitolo, faccio schemini dei personaggi, vicino ci scrivo un’idea che mi viene magari, in qualsiasi momento delle 24 ore del giorno. Poi ci metto le tecniche di scrittura, ovvio, scrivere aiuta a scrivere e a migliorarsi, per affinare, faccio tantissime parole crociate, ti insegnano le sfumature delle parole e ti insegnano molto del sapere vero che magari avevi dimenticato oppure semplicemente non sapevi. Io leggo qualsiasi cosa, anche i giornali gossip dal medico o autori che non mi piacciono, però serve tutto”. D. Parlaci dei tuoi romanzi allora, in ordine d’uscita e pubblicazione R. “Va bene, “Esistenze di vetro” nasce per raccontare la storia di chi ha vissuto il terrorismo rosso e nero, anni bui. Ho avuto amici e amiche finiti in carcere e morti in quel periodo, mi sono inventato una storia per raccontare cosa erano stati quegli anni senza giudicarli”. “Il secondo è un noir, “Sidecar”. M’interessava una storia nera e cupa, in b/n, per quello ho scelto la Genova del 1953, un giovane commissario idealista e liberale, la scoperta che le cose non stanno sempre come noi pensiamo e che ci sono persone senza nessuna remora. La scoperta però dell’amore l’ho renderà migliore e sognatore”. “Il terzo, “Progressivamente”, è un omaggio alla generazione dell’Acquario. La storia si sviluppa con un personaggio inesistente? Forse, comunque sia intorno a lui 15 personaggi nati in punti diversi del mondo a ritrovarsi grazie a lui, ricomponendo la loro sotto l’egida della pace, amore e libertà. La fa da padrone la musica”. “Il quarto, “Fotosintesi clorofilliana” l’ho voluto dedicare alla forza delle donne nel cambiamento delle loro vite. La loro grande capacita, come le piante, di trasformazione dalle cose brutte a quelle belle tramite la capacita di generare ossigeno puro, come essere madri insomma”. “Il quinto, “Le colonne d’Ercole della sensualità”, è in un inno all’Eros inteso dal punto di vista filosofico, la filosofia è la mia grande passione e studio, specialmente quella greca, vuole essere una dedica a essa per la trasformazione dell’Ego o dell’Io se preferite”. “Con il sesto, “Lo spallone”, torno alla Storia, nascosta sotto l’ala della Saga famigliare. Questo spunto lungo cento anni racconta le gesta di due famiglie parallelamente alla storia dell’Italia che si trasforma insieme a loro”. “Il settimo, “Movida”, semplicemente racconta come antropologicamente negli ’80 un finto modello di vita impostoci, abbia trasformato le nostre menti, facendoci credere che l’edonismo fosse la ragione di vita. Facendoci dimenticare cosa siamo stati e perché siamo stati quel popolo precedente. Questi ultimi 40 anni hanno stravolto la nostra storia vera in un finto modernismo”. D. Grazie Massimo, domanda d’uopo, progetti per il futuro R. “Un giallo classico in castigliano, “Il cadavere del Turia” la cui storia si sviluppa nella regione in cui vivo, la Comunitad Valenciana; un romanzo sulla distopia, “2984”, dal chiaro sapore Orwelliano; “I bambini grandi non piangono”, anche questo in castellano, indagine romanzata dei snuff movies, tratta di essere umani, Satanismo, cannibalismo e potere, la setta Quanon e come la morte di milioni di persone sia stata dimenticata perché di serie B in confronto alla nostra società perbenista. “JJJ”, un progetto con l’amico della vita Marco Capello sul “club dei 27”, che serve per raccontare le nostre adolescenze più che altro e la nostra passione per la astrologia e l’esoterismo sano”. (aise)
08/03/21
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