LIONE - “Nel ricordo dei nostri padri”. Così, gli italiani a Lione continuano a celebrare il 25 Aprile, Festa Nazionale della Liberazione. Ad assicurarlo Danilo Vezzio, Presidente del Fogolar Furlan di Lione.
“Li hanno trattati di pidocchiosi, morti di fame, fascisti, traditori, voltagabbana…forse era (parzialmente) la verità, ma a Lione nessuno tratterrà gli italiani da smemorati, irriconoscenti – ha spiegato Vezzio -. Se abbiamo la Libertà di celebrare questa festa, lo dobbiamo a coloro che hanno combattuto per ottenerla, tra cui i partigiani, la Resistenza, non solo in Italia ma anche qui in Francia”.
La celebrazione del 25 Aprile è iniziata, con la collaborazione del Consolato, con la deposizione dei fiori sotto la lapide di Giobatta “Titta” Cois, simbolo della Resistenza a Lione.
Cois era un friulano, partigiano della FTP-MOI (Franchi Tiratori-Mano d’Opera Immigrata) italiano ma anche francese. Era di Tarcento (Udine), sapeva riparare le armi dei partigiani, è stato denunciato, preso e fucilato sommariamente dai tedeschi. Hanno dato il suo nome ad una via, e c’è anche una piccola lapide, che nessuno vede, alla porta d’accesso di un grande liceo di Lione-Villeurbanne.
Lo hanno ammazzato qualche mese prima del 25 Aprile 1945, racconta Danilo Vezzio. Aveva 56 anni e se non fosse stato denunciato avrebbe potuto vivere e festeggiare la Liberazione.
“Gli italiani, friulani del Fogolar di Lione, sono testardi, insistono, mettono il cappello di alpino e vanno con la bandiera italiana alla lapide per dire mandi a Titta, portando due fiori”, ha detto ancora il Presidente del Fogolar Furlan della città francese. “Perdiamo tempo? Siamo in pochi? Ma non importa! La bandiera rappresenta un popolo, poi viene anche il console generale, incuriosito da questa fedeltà al nostro Titta Cois, una volta salutato, andiamo tutti assieme alla Casa degli Italiani, per la grande cerimonia che riunisce un folto gruppo di connazionali e francesi. La Casa degli Italiani è il monumento vivente dei nostri morti in terra di Francia, c’è una lapide nel cortile ed all’interno, dietro il bar, un Albo d’Oro con centinaia di nomi di italiani, forse erano pidocchiosi, ma non erano né traditori, né voltagabbana, lo hanno provato perdendo il loro sangue per la Liberté, questa non ha nazionalità, è universale. Gli Italiani di Lione non lo dimenticano – ha concluso Vezzio -, abbiamo promesso ai nostri padri di inclinare le bandiere su queste lapidi. Sono promesse che valgono più di un patto d’acciaio”.
(aise)
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