Eccomi, mi presento in breve. Sono Olivia Olivo, trentina, ho la fortuna di avere una famiglia e una grande compagnia di amici che mi hanno aiutata a crescere… e continuano a farlo. Ho frequentato il liceo classico di Rovereto e mi sono laureata in Lingue e Letterature straniere a Verona.
La scelta della facoltà è stata orientata da due punti di attrattiva: l’educazione (avevo la prospettiva di diventare insegnante); la bellezza e la varietà del mondo. Mi ha sempre affascinato viaggiare, di fatto come pure attraverso la lettura.
Dopo un periodo di insegnamento, durante il quale ho collaborato occasionalmente con l’Azienda del Turismo di Rovereto, sono entrata all’Opera “Armida Barelli” di Rovereto, dapprima come vice direttrice, quindi come direttrice. Una sorpresa rendermi conto dello spessore, dei saperi, sottesi ai lavori “manuali”…
Nel 2000, mi sono trasferita in Tunisia, dove mi è stata affidata la direzione di una scuola primaria della Diocesi di Tunisi, con l’appoggio di un progetto di cooperazione internazionale.
Sono rientrata in Italia nel 2008; ho potuto fare un altro percorso di ricchezza dirigendo la scuola paritaria “G. Veronesi” (oggi “La Vela”) fino al momento della pensione, nel 2020.
Nel marzo 2021 sono tornata a Tunisi.
Come ti è arrivata, nel 2000, la proposta di andare a Tunisi e cosa ti ha spinta ad accettare?
Una premessa per capire: l’esperienza cristiana che faccio alimenta un rapporto di interesse e di simpatia nei confronti della realtà, con il desiderio di essere disponibile agli inviti della realtà stessa; l’incontro con Cristo è stato così decisivo per me che non ho potuto non consegnargli la vita.
Nel 2000, la notizia che la Diocesi di Tunisi cercava una persona con esperienza educativa e conoscenza del francese per dirigere una delle sue scuole mi è arrivata attraverso la comunità a cui appartengo e che era presente nel Paese. Stavo bene dov’ero, il mio lavoro mi appassionava, ma ho intuito che avevo davanti una possibilità grande di crescere nella scoperta di me e del mondo, quindi ho aderito alla richiesta. E ne è valsa la pena! In quest’ avventura ho imparato (e imparo) a rispettare ed amare ciò che è “altro” da me, e nello stesso tempo approfondisco con stima e gratitudine il valore della cultura in cui sono cresciuta.
Che realtà hai trovato?
Benché il Paese sia piccolo, ci sono differenze importanti ed evidenti (come dovunque, peraltro) tra nord e sud, tra zone rurali e cittadine, come pure tra i vari quartieri di Tunisi. Il primo impatto, nel 2000, con alcune zone e situazioni ha un po’ smontato il mio immaginario esotico… Poi, a scuola, i bambini mi hanno immediatamente conquistata e da lì è nato uno sguardo di simpatia a tutto, che mi ha indotta a cogliere ogni spunto di bellezza. E i luoghi e i momenti incantevoli non mancano davvero! La Tunisia è un crogiolo di tradizioni e un ponte tra civiltà; ha una storia interessantissima di incontri e convivenze, ora serene, ora conflittuali.
La Chiesa cattolica, sempre presente lungo i secoli, è numericamente piccola, ma multietnica, multicolore, multilingue: siamo una famiglia con membri provenienti da una quarantina di paesi! Giovani e vecchi accomunati dalla passione di condividere il dono di cui si sentono oggetto.
La lingua comune è il francese, ma è molto conosciuto anche l’italiano, poi c’è l’inglese. E naturalmente l’arabo, lingua nazionale, e l’arabo tunisino, lingua locale, in cui a suo tempo mi sono avventurata e che sto cercando di riprendere…
Purtroppo, tornando dopo 13 anni ho trovato un paese messo duramente alla prova da vicende storiche molto impegnative e da una povertà che non è solo economica, ma anche di fiducia e di significato. Credo che la presenza di noi “stranieri”, se siamo qui veramente al servizio del paese, abbia la responsabilità di sostenere la speranza di un bene possibile, da costruire insieme.
Com’è stata l’integrazione, sia in campo lavorativo che nella comunità?
Non ho avuto particolari problemi di integrazione. Sicuramente, mi facilita il fatto di avere una buona capacità di adattamento e molta curiosità nei confronti del nuovo, ma soprattutto la consapevolezza che ogni persona è un valore ed ha un insopprimibile desiderio di bene. Vedo che accostarsi così apre molte porte…
È un aiuto enorme, per me, vivere in una comunità in cui ci si confronta e ci si sostiene reciprocamente, si condividono incontri e scoperte. L’osservazione, l’ascolto, la pazienza, il rispetto sono necessari per non cadere in giudizi affrettati e malintesi pericolosi. Gesti, espressioni, modi di fare non hanno necessariamente lo stesso significato in culture diverse!
Come hai vissuto nel tuo ambito lavorativo negli anni da direttrice? Quali sono state le esperienze più rilevanti? Puoi farci qualche esempio?
Provo anzitutto a inquadrare la situazione. Da secoli la Chiesa ha creato scuole in Tunisia, sia per i molti stranieri un tempo stanziati qui (la presenza soprattutto di italiani e francesi era foltissima prima dell’indipendenza del paese), sia per la popolazione locale. Attualmente le scuole cattoliche, affidate alla conduzione di varie congregazioni, sono nove.
Alunni e personale sono per la quasi totalità tunisini musulmani (la presenza cristiana è a livello della direzione o poco più); i programmi didattici sono quelli statali, con un potenziamento del francese, dell’inglese e di altre attività; la religione insegnata è – esclusivamente – l’islamica. Quello che fa apprezzare fortemente queste scuole è l’attenzione al bambino nella sua globalità e la stima nei confronti dei “babassat” (religiosi, religiose) che le guidano.
In questa condizione così particolare, che costringe ad andare all’essenziale, ho fatto l’esperienza bellissima che il cuore è lo stesso per tutti e che la diversità ci spalanca l’orizzonte (anche se faticosamente, a volte!).
I ricordi più belli? Gli incontri di lavoro e di festa con il personale, in cui ci si confrontava, si mangiava, si pregava, si ballava insieme… I dialoghi densi con alcuni genitori… Il confronto con altri direttori e le attività culturali e sportive tra scuole… I momenti con i bambini, giocando in cortile o riflettendo su fatti accaduti. Quanto ho imparato dalla loro semplicità e apertura!
Un esempio tra tanti possibili. In una quinta primaria c’erano stati degli episodi spiacevoli tra alcune alunne; durante la ricreazione ci siamo trovate “fra donne” per parlarne ed è uscito il tema del rispetto e del perdono. Una delle ragazzine, Samar, ha dichiarato che a lei era impossibile perdonare chi le faceva del male. Allora ho raccontato un fatto accaduto a un’altra Samar, palestinese, che accoglieva e accudiva bambini senza famiglia: un giorno, una piccola ospite del suo orfanatrofio, che aveva sofferto grandi violenze da parte della madre, aveva voluto pregare per la sua mamma, perché anche lei trovasse infine qualcuno che le voleva bene… La “mia” Samar è rimasta in silenzio; qualche giorno dopo è venuta a cercarmi e mi ha detto che, pensando a quella storia, aveva perdonato. L’anno successivo, sono stata chiamata nella stessa classe (in Tunisia la scuola primaria è di sei anni) perché un ragazzo aveva offeso pesantemente i compagni, che pretendevano una punizione esemplare per la sua condotta “imperdonabile”. Sono rimasta di sasso quando è intervenuta Nesrine (una del gruppetto di cui sopra), che ha ribaltato la questione con poche parole: “L’anno scorso abbiamo parlato con la direttrice del perdono e del fatto che tutti possono ricominciare. Io credo che dobbiamo dare anche a lui questa possibilità”. Un anno dopo!
Hai lasciato la Tunisia nel 2008. Che cosa ti ci ha riportata? Cosa fai ora, che progetti hai in mente?
Nel 2008, la nostra comunità è rientrata in Italia per esigenze varie di famiglia e/o lavoro, ma sono rimasti legami significativi. Nel 2016, una nostra casa è stata riaperta a Tunisi su invito dell’Arcivescovo, Mons. Ilario Antoniazzi. E quando sono andata in pensione mi è arrivata il suggerimento: “Non è che saresti disposta a tornare…?” Mi è stato semplice dire sì (anche se partire è sempre un po’ morire, diceva qualcuno)…
Perciò, eccomi di nuovo qui al servizio della Chiesa locale, con il compito di supportare l’attività pedagogica e la collaborazione tra le scuole. Poi, la realtà si fa avanti e si risponde per come si è capaci: alfabetizzazione, partecipazione all’équipe che cura la comunicazione in diocesi… Occasioni che mi appassionano e da cui continuo a imparare. I miei progetti? Scoprire, vivendo, cosa il Signore mi prepara!
L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus come è stata affrontata e viene affrontata ora in Tunisia?
Il covid è arrivato, in ritardo rispetto all’Italia, con i rientri degli emigrati per le vacanze estive del 2020. A quel punto, ha cominciato a colpire anche qui molto duramente, complice una diffusa incoscienza rispetto alla sua gravità. I problemi veramente seri parevano altri… Il sistema sanitario, bisogna dire, si è fatto onore, con una notevole campagna vaccinale di cui anche noi “forestieri” abbiamo potuto avvalerci facilmente.
Quali caratteristiche della Tunisia ti appassionano e quali invece no?
Parto da un aspetto che “non mi va”, così poi finisco in bellezza.
Immediatamente, ciò che mi urta di più è l’incuria nei confronti dell’ambiente: mi disturba e mi rattrista vedere luoghi splendidi abbrutiti dall’immondizia e, più ancora, il fatto che questo deriva da una mancanza di responsabilità, di rispetto nei confronti di sé e della realtà.
Alcune delle cose che mi appassionano: l’intensità della luce e dei colori; il dialogo e il lavoro con gente di ogni dove; il viaggio nella storia e nel genio umano attraverso le tracce imponenti di varie epoche e civiltà; il silenzio dei villaggi berberi nel deserto di montagna; l’ospitalità commovente di gente povera e nobile nella sua dignità…
Nei giorni scorsi, ho fatto una breve vacanza a Tozeur, per incontrare degli amici e rivedere il deserto e le oasi di montagna. La cosa più bella, un vero regalo, è stata la visita a una famiglia di pastori. L’amica che ci ha portati da loro – li conosce da quando vivevano in tenda, perché ci andava per vaccinare i figli, allora bambini – ci ha detto che Sabah, la figlia trentenne, da tre anni è a letto paralizzata a seguito di un intervento per un tumore alla testa. Confesso che ero un po’ timorosa, pensando a questo fatto. Ebbene, non mi aspettavo una realtà povera come quella che abbiamo trovato, ma meno ancora mi aspettavo lo sguardo e il sorriso radiosi di Sabah (nome che significa “luce, bellezza del mattino”, e come le si addice!), l’accoglienza dei genitori e del fratello, la cordialità che ci ha fatto sentire immediatamente a casa. Ci hanno portate in mezzo agli agnelli, ci hanno offerto latticello, caffè, biscotti… e siccome non restavamo a pranzo, ci hanno a tutti i costi rifornite di uova! Persone così si imprimono nel cuore, resta il desiderio di rivederle.
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Ne lascio tre (brevissimi!), che sono poi i suggerimenti che do a me stessa.
Impariamo ad apprezzare le risorse e i vantaggi della nostra provincia, non sono scontati!
Non facciamoci imprigionare dai nostri schemi e dai luoghi comuni nel giudicare!
Situazione sanitaria permettendo, visitiamo e gustiamo la Tunisia fuori dalle “enclaves” turistiche! Semmai ci possiamo sentire…
( Mondotrentino del 24 febbraio 2022 /Inform IESTV.TV )
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