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INTERVISTA / ITALIANI A MANCHESTER TRA ESPERIENZE MANCATE E SPERANZE FUTURE


- Il Regno Unito ha rappresentato un’esperienza ricercata da molti italiani negli ultimi anni. C’è chi è partito per migliorare l’inglese, chi per fare un’esperienza professionale, chi per uno stage. I motivi non sono pochi: le esperienze all’estero risultano formative e danno la possibilità di mettersi alla prova in un ambiente internazionale. Si impara tanto a livello umano e professionale. Agli occhi di molti giovani italiani il Regno Unito appare spesso come un posto in cui cercare fortuna. E sono molti gli italiani che hanno trasformato in positivo la loro situazione economica trasferendosi lì. Negli ultimi tempi, però, a causa della pandemia, anche in questo Paese si vivono non poche difficoltà. Dorotea, Simone e Annalisa, tre italiani a Manchester, raccontano a 9colonne come stanno affrontando la crisi. Dorotea ha 29 anni ed è una studentessa universitaria. Studi Product Design. Si è trasferita in Inghilterra tre anni e mezzo fa per studiare. Racconta che

non è stata una decisione molto semplice. Dopo essermi diplomata in Italia non sapevo come fare: mi sarei dovuta mantenere da sola all’università. Un’amica mi consigliò di venire qui in UK, perché sarebbe stato più facile. Alla fine mi sono decisa”.

Dorotea racconta a 9colonne la sua situazione di studentessa ormai vicina al traguardo: sta continuando a sostenere gli esami ed è diretta verso la laurea, ma le cose non sono andate come si aspettava. “Qui – racconta - esiste il placement year, un periodo in cui, nell’ultimo anno del percorso di studi, fai una sorta di tirocinio remunerato che ti consente di laurearti avendo già fatto un’esperienza lavorativa. Il problema è che, con la pandemia e tutte le sue conseguenze, non riesco a trovare nessun’azienda disposta ad assumermi con questa formula. Significa che io mi laureerò senza aver fatto nessuna esperienza, ed è difficile che un’azienda decida di assumermi” un domani. Un altro problema, spiega Dorotea, è che

“i laboratori sono tutti chiusi, ed è proprio lì che si dovrebbe svolgere gran parte del mio studio. Ciò non vuol dire soltanto che devo acquistare vari materiali e attrezzature di tasca mia, ma che rimarrò ancora più impreparata a livello professionale. Quando uscirò dall’università il mio livello sarà inferiore alla media”.

Secondo Dorotea, la situazione lavorativa in Regno Unito si è complicata a partire da quest’anno a causa della pandemia e per via dell’uscita del Regno Unito dall’UE. “Da adesso gli italiani non possono più usufruire dei programmi di sostegno riservati ai cittadini europei”. Simone ha 29 anni ed ha da poco ottenuto la laurea specialistica in Sostenibilità Ambientale a Manchester, dove vive dal 2019. Dopo la laurea non ha ancora trovato un lavoro. Racconta che

“quando ci si laurea il sistema inglese prevede che si frequenti un internship, che è un programma molto serio ed efficiente che consente al neolaureato di inserirsi direttamente nel mondo del lavoro. Il problema principale è che, per via della pandemia, sono stati tagliati l’80% dei fondi destinati ai programmi post-laurea. La maggior parte delle aziende cerca persone con almeno due o tre anni di esperienza, e questo è molto limitante per me. Ci sono comunque alcuni stage ma troppo pochi per la quantità di persone che cerca di accedervi”.

Nonostante tutto, Simone ha trovato il modo di tenersi impegnato in maniera costruttiva:

L’unica cosa che mi solleva è che sto scrivendo un articolo scientifico con una professoressa dell’università. In più, sto maturando sempre più l’idea di cominciare un dottorato. Sono certo che se non fosse stato per la pandemia non avrei mai pensato di proseguire con gli studi”.

Annalisa ha 25 anni e vive nel Regno Unito da cinque. Fino allo scorso ottobre ha lavorato in un ufficio amministrativo. Ha perso il lavoro ed ora è in cerca di una nuova occupazione.

“Sto incontrando non poche difficoltà – afferma - sto facendo tanti colloqui ma non trovo un lavoro soddisfacente. Ho ricevuto proposte anche per lavorare nei centri dove fanno i tamponi Covid ma lo trovo rischioso, oltre che essere un impiego temporaneo mentre io sto cercando un’occupazione permanente”. Nonostante tutto, Annalisa non si è persa d’animo, anzi:
Nel frattempo, io e il mio compagno abbiamo aperto un takeaway da casa di piatti tipici nigeriani. Io gestisco la parte social e della pubblicità, occupandomi di cercare nuovi clienti”.

(NoveColonneATG)

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