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GUIDO SILVESTRI CHIARISCE OGNI DUBBIO: COVID, VACCINI, LOCKDOWN E ANTICORPI MONOCLONALI

DI ISABELLA WEISS DI VALBRANCA




NEW YORK - “I vaccini fermano la trasmissione del Covid? I vaccini coprono le varianti finora presenti? Come quella inglese, sudafricana e brasiliana? Chi ha già avuto il Covid dovrebbe vaccinarsi?”. Dagli USA, l'immunologo Guido Silvestri, scienziato della Emory University, risponde alle domande de La Voce di New York e sul lockdown dice: “Il lockdown totale che c’è stato in Italia a marzo scorso aveva un senso, non si sapeva nulla del virus... Avevamo davvero pochi strumenti per capire contro cosa stavamo combattendo e le terapie intensive degli ospedali erano invase. Credo che adesso invece si abbiano molte più armi contro il virus... Penso che un lockdown totale possa essere solo deleterio...”. Ad intervistarlo per il giornale on line diretto a New York da Stefano Vaccara è Isabella Weiss di Valbranca. “Guido Silvestri è professore ordinario e direttore di dipartimento di Patologia all’Università Emory di Atlanta. Ma è anche un esperto di AIDS, immunologo e membro dell’Emory Vaccine Center. E’ anche un divulgatore scientifico, un volto ormai noto in tv, ospite da remoto di Fabio Fazio in “Che tempo che fa” ma anche di Lucia Annunziata, Bruno Vespa e Corrado Formigli. Ma soprattutto è colui che ha spinto per far approvare la cura degli anticorpi monoclonali in Italia. Con lui parliamo di vaccini, lockdown e degli anticorpi monoclonali contro il COVID. Sei negli USA da parecchio tempo, quando e come sei arrivato qui? “Sono nato nelle Marche ma vengo da una famiglia molto aperta e cosmopolita, infatti ho sempre viaggiato parecchio e dopo la laurea ad Ancona e la specializzazione a Firenze, sono arrivato prima a Montreal, in Canada, con una borsa di studio post dottorale, per poi lavorare alla NIH a Washington D.C. con Anthony Fauci. In seguito, sono approdato alla Emory University di Atlanta. Ormai sono 28 anni che sono qui negli States e mi sento a casa”. Quanto e chi colpisce maggiormente il Covid negli USA? “Negli Stati Uniti purtroppo si è visto come siano i più poveri e le minoranze ad aver sofferto maggiormente a causa della pandemia: sono state molto colpite le comunità ispaniche e afroamericane, sia per mancanza di informazione, specialmente agli inizi della pandemia, sia per le disparità sociali ed economiche. Adesso è importante che le vaccinazioni vadano avanti il più velocemente possibile. Trovo anche che il problema dei brevetti sia molto grave. In un caso come questo le case farmaceutiche dovrebbero rinunciare ai brevetti, rendere pubblica la loro invenzione e permettere anche ad altri di produrre i vaccini”. Sale il numero dei vaccinati in tutto il mondo, come possiamo convincere quelli che ancora sono titubanti? “Bisogna continuare a dimostrare la loro totale sicurezza. Ad esempio, negli USA ci sono stati zero morti per il vaccino, solo sintomi lievi o moderati, qualche reazione. E ben 42 milioni di persone hanno già ricevuto la prima dose, mentre 15 milioni la seconda. È importante capire che il vaccino è l’unica arma di prevenzione che abbiamo. L’aver creato vaccini in un tempo così breve è un vero miracolo. Ci tengo a ricordare che bisogna fidarsi della scienza, oltre la politica e le tifoserie. I trial sono stati estesi e molto precisi, nonostante i vaccini siano stati approvati in emergenza. Non ci sono reali motivi per aver paura o per non vaccinarsi”. I vaccini fermano la trasmissione del Covid? “Si stanno portando avanti gli studi al riguardo. Israele è una fonte immensa di notizie perché si sono già vaccinati la maggioranza degli over 60 e si è visto come casi gravi e ospedalizzazioni siano calati drasticamente. Quindi si, si può affermare che ci siano molte probabilità che si freni la trasmissione del virus mediante la vaccinazione. In più il virus è maggiormente presente nelle mucose nasali e si è visto come dopo la vaccinazione la carica virale nelle mucose nasali cali di ben 4 volte”. Cosa ne pensi del vaccino Johnson & Johnson, appena approvato dalla FDA, visto che la sua protezione risulta bassa rispetto agli altri vaccini (66% di efficacia)? “Il bello di J&J, che è un vaccino a vettore adenovirale Ad26, è che hanno fatto il trial clinico di phase-3 (44.000 persone, con oltre 13.000 sopra i 60 anni) con una dose sola, il che è molto conveniente per ovvi motivi, come lo è la possibilità di conservarlo a 2-8C, però va anche detto che la protezione da COVID sintomatico è 66% (85% per il COVID severo e 57% contro la variante ZA). Un bicchiere pieno per tre quarti?”. Quello che sta preoccupando molte nazioni è la nascita di varianti, i vaccini coprono le varianti finora presenti? Come quella inglese, sudafricana e brasiliana? “Sì, si è visto come il vaccino eviti ospedalizzazione, polmonite e casi più gravi anche in presenza di varianti. Bisogna anche dire che il Covid non muta moltissimo, meno dell’influenza, ma si trasmette di più. Si sta studiando anche un “booster” nel caso ci siano diverse varianti e/o di modificare il vaccino presente per renderlo più efficace contro le varianti, non è affatto difficile farlo e infatti molte cause farmaceutiche già si stanno muovendo in questa direzione”. Chi ha già avuto il Covid dovrebbe vaccinarsi? “Sì, perché l’immunità non è permanente, si sta studiando anche la possibilità di fare una sola dose a chi è stato già malato”. Tu sei sempre stato un forte sostenitore della cura con anticorpi monoclonali, ce ne puoi parlare? “Gli anticorpi monoclonali si sono dimostrati un baluardo molto efficace per pazienti a rischio di contrarre la malattia in modo grave. Di solito si usano su pazienti che hanno già dei rischi legati alla loro età (65+) e a patologie pregresse. Ai primi sintomi di lieve o media entità si offre loro un cocktail di monoclonali che è in grado di bloccare subito il possibile aggravarsi della malattia. Ci sono studi della Mayo Clinic, dell’Università del Michigan e della Southern Methodist che dimostrano la loro efficacia. Questa cura è stata approvata negli USA già ad ottobre, mentre in Italia solo a febbraio. Ho provato a chiedere il perché del ritardo ad AIFA ma non c’è stata mai una risposta chiara”. Quindi è a causa di questo inspiegabile ritardo che è nata la polemica con il direttore generale di AIFA, Nicola Magrini, sui monoclonali? Se ne sta parlando molto sui giornali e anche in TV. “Sì, AIFA approva i monoclonali solo il 6 febbraio. In un comunicato stampa del 22 dicembre AIFA dichiara la necessità di attendere EMA per l’autorizzazione ai monoclonali. Ora, io non so come avvengano le autorizzazioni a livello italiano ed europeo, non conosco l’iter burocratico ma, anche dalle parole dell’ex direttore AIFA Luca Pani, si evince che AIFA sia un organo indipendente e abilitato a prendere decisioni anche senza previa autorizzazione di EMA. Infatti, già in passato, in occasione di altre emergenze sanitarie, lo ha fatto. Quindi non so se dietro questo ritardo ci sia stata una volontà di attendere EMA per avere maggiore sicurezza (anche se, ripeto, i monoclonali sono stati autorizzati ed utilizzati in USA già da ottobre), ma in quel caso allora bisognava dirlo chiaramente, non affermare che senza una autorizzazione da EMA non si potesse dare il via a queste importanti cure, perché ciò non corrisponde alla realtà”. E perché allora fare quella dichiarazione? “Non ne ho idea. Anche se fosse solo un errore, cioè che si sia pensato in buona fede di dover attendere una autorizzazione europea, mi aspetterei allora che un direttore generale faccia di meglio o si dimetta. Capisco che ci sia il problema dei costi, visto che queste cure sono costose, ma non hanno nulla a che vedere con quella dichiarazione. Il collega virologo Giorgio Palu’, insieme ad altri che fan parte del CDA di AIFA hanno anche sollecitato il ministro Speranza, che infine ha dato il via libera all’uso dei monoclonali anche dopo il benestare del Consiglio superiore di sanità”. Un caso complicato, la cosa importante è che adesso si possano usare. Ma sarà semplice farlo? Sembra che alla maggior parte delle persone con sintomi lievi o moderati sia consigliato rimanere in casa. Come potrebbero accedere ai monoclonali? “Sì, non è semplice, ma si potrebbe tracciare con criterio anamnestico chi ha più di 65 anni e soffre di patologie pregresse che magari ha avuto contatti con malati positivi, fare un test rapido e nel caso sia positivo somministrare i monoclonali. Così stanno facendo alla Mayo clinic ad esempio. Bisogna comunque chiarire che gli anticorpi monoclonali sono una cura, mentre i vaccini sono la vera prevenzione e quindi l’arma principale contro il virus”. Cosa ne pensi del lockdown? Sei favorevole o contrario? “Ah, questa è una domanda che mi si fa spesso, diciamo che sono inviso sia ai no vax, che ai sostenitori del lockdown totale. Il lockdown totale che c’è stato in Italia a marzo scorso aveva un senso, non si sapeva nulla del virus e le immagini (poche) e notizie che ci arrivavano dalla Cina erano di una chiusura totale di ogni attività. Avevamo davvero pochi strumenti per capire contro cosa stavamo combattendo e le terapie intensive degli ospedali erano invase. Credo che adesso invece si abbiano molte più armi contro il virus. La campagna vaccinale sta iniziando a dare i suoi frutti e penso che un lockdown totale possa essere solo deleterio. Spesso si dimentica infatti quanto faccia soffrire chi ha meno possibilità economiche, chi vive in famiglie disfunzionali, chi subisce violenze domestiche, chi vive in spazi ristretti e che non ha più entrate sicure e magari non può far mangiare i figli. Quando si chiudono le scuole pubbliche non si pensa che spesso (come accade ad esempio qui in USA) la scuola è l’unico posto dove un bambino povero può ricevere un pasto caldo al giorno. Insomma, a mio avviso un lockdown totale non è necessario né augurabile ad un anno dal virus. È più utile isolare focolai specifici e non interi territori. Perché dovrei chiudere le persone in casa in Val D’Aosta o in Calabria quando i focolai sono magari in Lombardia? Credo che la scelta italiana delle zone a colori sia un migliore compromesso, dimostra flessibilità nel tempo e nello spazio”. Torneresti mai in Italia a lavorare o da pensionato? “Non credo…i n Italia torno spesso in vacanza, ma qui ho tutto. Amo il mio lavoro, la Emory è un’eccellenza. In più non credo di pensionarmi mai, adoro essere in mezzo ai virus! (ride). Qui in facoltà ho il famoso immunologo Max Dale Cooper, vincitore del premio Lasker per la medicina, che ad 87 anni viene al lavoro ogni giorno e si reca costantemente nei laboratori. Ecco, mi immagino un po’ come Cooper, se mai arrivassi alla sua età e in forma come lui”. Vorrei concludere con delle pillole di ottimismo. Parlaci del “Patto trasversale per la scienza”, cosa si ripropone? “Con il mio amico Roberto Burioni crediamo moltissimo nell’importanza di combattere le fake news sul web, dove proliferano video di pseudo scienziati o pseudo medici che magari affermano che i vaccini provocano cancro o autismo. Questi video sono seguitissimi ed oltremodo pericolosi. Se pensiamo poi che a capo dell’Ordine Nazionale Biologi c’è una persona come D’Anna, da sempre molto dubbioso sui vaccini, possiamo capire quanto sia grande il rischio di cadere nella disinformazione. Con questo sito ci proponiamo di portare le evidenze scientifiche alla base delle scelte legislative e di governo di tutti i partiti politici, trasversalmente. Si promuove insomma il metodo scientifico attraverso programmi formativi e divulgativi ad esempio in ambito scolastico e mediatico. Il sito è www.pattoperlascienza.it”. Quando potremo ritenerci fuori da questo incubo? “Credo sia lecito sperare che dopo l’estate e come conseguenza di estese vaccinazioni, potremo finalmente tirare un sospiro di sollievo…””. (aise)


25/02/2021

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