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Elezioni Comites: posizioni diverse sul rinvio, tutti d’accordo su riforme e informazione


ROMA - Grande dibattito sulle elezioni dei Comites previste il 3 dicembre. Consiglieri e presidenti dei Comites, convocati oggi dal Cgie a confronto con il sottosegretario Della Vedova, hanno ribadito le loro perplessità sulla data delle elezioni – il 3 dicembre – e sulla modalità di voto – con l’inversione dell’opzione ancora in vigore e la sperimentazione del voto elettronico – senza dimenticare la carenza di personale nei consolari e gli effetti della pandemia nei diversi paesi del mondo dove risiedono i connazionali. Primi ad intervenire sono stati i vice segretari generali d’area. A favore del rinvio la Commissione Europa e Nord Africa, come confermato da Pino Maggio: “la nostra commissione è convinta che difficilmente permetterà di preparare le elezioni con la sperimentazione del voto elettronico”. La pandemia “è un serio ostacolo”, ha aggiunto Maggio, a partire dalla “impossibilità di riunirsi per informare la comunità, o raccogliere le firme a sostegno delle liste”, cose che sembrano “poco praticabili nell’attuale scenario”. Le elezioni dovrebbero “svolgersi in base alla nuova normativa, che ridefinisca natura, ruoli e prerogative dei Comites”. Importante “eliminare evitare l’inversione dell’opzione”, che fa crollare le percentuali di votanti “compromettendo la credibilità dei Comitati”. L’invito al Parlamento è di “calendarizzare la riforma, partendo dal testo approvato dal Cgie nel 2017”, testo che ha bisogno “solo di pochi aggiustamenti” anche alla luce del Covid “che sta cambiando ordinamenti e modi di vivere”. Più controversa la posizione della Commissione America Latina, almeno sul rinvio del voto: come confermato da Mariano Gazzola, “non tutti i consiglieri sono d’accordo con il rinvio e quindi come commissione non ci siamo espressi. Come consiglieri del Maie, riteniamo che in vista di un miglioramento della situazione del Covid – tanto che in Argentina si voterà in presenza a settembre per rinnovare il Parlamento e a novembre per le elezioni generali - non sia la pandemia il problema ma la mancata informazione sui Comites. Un altro rinvio delegittima l’organismo”, ha sostenuto Gazzola secondo cui è fondamentale puntare sull’informazione, “non solo nell’anno delle elezioni, ma ogni anno” così da “raggiungere gli iscritti Aire che non partecipano alle iniziative delle comunità”. Serve una “campagna di informazione adatta ad ogni territorio, non solo per la lingua, ma anche per la composizione e le peculiarità delle collettività” anche grazie ai “social media per intercettare tutti”. Certo dovranno essere prese delle misure per “facilitare la raccolta delle firme per la presentazione delle liste e la loro sottoscrizione”, dunque “sì alla riforma prima delle elezioni”. Secondo Rodolfo Ricci, vicesegretario per la commissione governativa, prioritario è “togliere l’opzione inversa, che non è l’unica ragione di scarsa partecipazione al voto, ma sicuramente è quella prevalente”. L’opportunità per il Governo e il sottosegretario è di “prendere tutti i contributi fatti in quattro anni dal Cgie” e usarli per “riattivare” questa ventunesima regione virtuale, “composta dal 10% della popolazione italiana”, valorizzandone le potenzialità “anche grazie al Pnrr”, perché “serve un investimento serio, che riguarda solo marginalmente il Maeci, che però ha il compito fondamentale di far valere di fronte al Governo le ragioni di questo pezzo di popolazione”. Tornando alle elezioni, serve sicuramente una comunicazione adatta ma sicuramente “non centralizzata”. Anche per la Commissione Paesi anglofoni extra Ue l’inversione dell’opzione va eliminata, come confermato da Silvana Mangione, che ha definito “ridicola” la somma stanziata in finanziaria per le elezioni (9 milioni di euro); senza dimenticare che i Consolati lavorano con “poco personale – soprattutto nelle circoscrizioni più popolose – e gli effetti della pandemia nei diversi paesi”. Obiettivo delle elezioni dovrebbe “rendere il rinnovo fruttuoso e ciò non sarebbe con le leggi vigenti, datate 2003 per i Comites e 1998 per il Cgie” cioè “un’era fa”. “9 milioni di euro sarebbero sprecati se rinnoviamo questi organismi con le vecchie leggi”, ha ribadito. “So che tutto è perfettibile, ma nell’attesa della perfezione viviamo con due leggi che non rappresentano quello che siamo diventati”. Il Cgie “ha fatto la sua parte, ma le leggi le fa il Parlamento. Mettiamo a frutto la disponibilità del sottosegretario Della vedova nel diventare nostro portavoce in Parlamento”. Il binomio informazione – comunicazione è stato al centro dell’intervento di Giangi Cretti, presidente della Commissione Informazione del Consiglio generale: “una campagna corretta ed efficace dovrebbe iniziare non dalle elezioni ma dal ruolo sul territorio di Comites e Cgie. Siamo stati informati che la Direzione generale per gli italiani all’estero ha intenzione di attuare un progetto per una campagna continuativa di informazione, una scelta da condividere, molto apprezzata da tutti i consiglieri, convinti come siamo che la comunicazione debba essere continuativa, moderna e coordinata. Ma “coordinata” non può voler dire che il Cgie viene coinvolto solo a cose fatte, per prendere atto di un progetto ben confezionato, perché è così e basta. È inaccettabile”, ha aggiunto. “Il Cgie doveva essere coinvolto prima di qualsiasi altro soggetto esterno sul progetto, invece l’impressione ricevuta dalla Dgit è che all’estero non ciano professionalità in grado di svolgere questo tipo di comunicazione, disconoscendo competenze diffuse e soprattutto una profonda conoscenza dei Paesi”. La “centralizzazione dell’informazione”, ha osservato Cretti, “può essere presa in considerazione per i contenuti, ma non sulla modalità, sui linguaggi e sulle tematiche all’estero: è impossibile non valorizzare le competenze all’estero”. Quanto alla comunicazione “moderna”, “siamo tutti consapevoli dell’importanza dei social, ma i rischi sono legati a chi gestisce i dati”. “I dati dei connazionali – ha sottolineato Cretti - non possono essere consegnati a un privato. È impossibile immaginare una gestione social attraverso la centralizzazione di questi dati. Tanto più che sui territori ci sono associazioni ed enti già in grado di intercettare le community sui social, perché già le conoscono”. Questi, ha concluso, sono “argomenti che avremmo voluto poter discutere: abbiamo una nostra proposta su come intervenire, ricevere come risposta “si fa così e basta” non è accettabile”. Per Fabrizio Benvignati (Italia) è vero che “il voto è la massima espressione della democrazia, ma pensare al rinvio non è scandaloso in questa situazione”. D’altra parte “tutti affermiamo che senza riforma sarà difficile avere una maggiore partecipazione” di 5 anni fa, causata “dal mancato adeguamento delle istituzioni con le comunità all’estero”. La gente “vota se sente che i Comites servono a qualcosa. Senza riforma, la responsabilità è politica. Ci vuole flessibilità e consapevolezza per capire se in queste condizioni ha senso votare o no”. Andrea Mantione (Paesi Bassi) ha prima ricordato quanto fatto da Comites e Cgie durante la pandemia e poi accusato la Farnesina sia di “aver tenuto nel cassetto per quattro anni il testo di riforma approvato dal Cgie” e sia per il voto elettronico che è “illegale perché non previsto da leggi”. Per Mantione sono tutti “sotterfugi per ridurre le spese elettorali” con “i parlamentari eletti all’estero che sembrano in letargo”. La democrazia “ha i suoi tempi e i suoi costi, ma servono leggi giuste e non discriminatorie, che voi non ci volete dare”. Presidente del Comites di Stoccarda, e per anni consigliere del Cgie, Tommaso Conte ha denunciato l’arretrato dei consolati – in questo caso in Germania – anche per le registrazioni delle iscrizioni Aire, propedeutiche sia per votare che per candidarsi. “La netta impressione è che con questa organizzazione delle elezioni si voglia fare piazza pulita dei Comites e quindi del Cgie”. Di “responsabilità della politica” ha parlato Vincenzo Arcobelli (Texas) che si è chiesto: “l’italianità, il diritto di voto e di uguaglianza devono essere messe in secondo o terzo ordine? Forse noi viviamo in un altro pianeta? La politica ha fallito”. Costretto a lasciare la riunione online, il sottosegretario Della Vedova ha ribadito che “sentirà le commissioni parlamentari per capire a che punto sono i ddl di riforma” anche se “i tempi sono già bruciatissimi”, ma è comunque importante capire “se c’è un impegno e una volontà delle forze politiche di arrivare ad una conclusione dell’iter legislativo”. Collegato dal Cile, il consigliere Nello Gargiulo ha posto l’accento sulla carenza di personale nei consolari ma anche sul fatto che “molti giovani della nuova emigrazione sono ritornati in Italia: in Bolivia in 70 che avevano contatti con il Comites se ne sono andati. Nelle nostre comunità non ci vediamo di persona da più di anno”. Presidente del Comites dell’Ecuador, Salvatore Foti ha esortato una riforma che “metta Comites e Cgie in condizione di lavorare bene” pensando anche di “dare più rappresentatività nel Cgie a Paesi che oggi non ce l’hanno”. Sveglio nell’alba australiana, Franco Papandrea ha ricordato ai colleghi che “i Comites sono stanchi, alcuni consiglierei si sono già dimessi”. Un’alternativa, per il consigliere, potrebbe essere introdurre l’opzione “per non votare”, cioè tutti iscritti negli elenchi elettorali, chi non vuole votare lo deve dire. Per Manfredi Nulli (Uk) servono “fondi adeguati per mandare a tutti le schede elettorali”, mentre per Paolo Da Costa l’importante è che “la riforma sia di iniziativa governativa perché ha un iter molto veloce. La politica ha fallito, non c’è un parlamentare collegato”. A favore delle elezioni a dicembre Marcelo Carrara (Argentina): “la pandemia non può essere una scusa per il rinvio, anche perché non sappiamo quando si tornerà alla normalità e non si può posticipare in eterno”. A questo punto “ottimizziamo tempi e risorse e votiamo”. I consiglieri dell’Argentina sono “contrari al rinvio”, anche perché “c’è poca partecipazione non perché c’è l’inversione dell’opzione, ma perché manca l’informazione”. “Non è semplice fare il presidente del Comites”, ha detto Raffaele Napolitano, Presidente del Comites a Bruxelles. Alcuni sono “demotivati, senza prospettive certe anche nelle procedure”. Quindi “o si fanno riforme o si mette mano a quei due o tre punti su cui si discute”, anche perché “da qui a dicembre la situazione cambierà ancora”, ma “con le regole attuali la partecipazione sarà come 5 anni fa, diciamocelo tutti, subito”. Quanto alla comunicazione “sul tavolo c’è un progetto, un’idea, cerchiamo di collaborare, trovando punti di incontro e non di scontro”. Per Fernando Marzo (Belgio) “se rimandiamo le elezioni, tanti Comites moriranno di vecchiaia”. Favorevole al voto dicembre anche Maria Chiara Prodi (Francia): “ricordiamoci che la base è volontaria: gli eletti si sono impegnati per 5 anni” e sono già al sesto. Importante, per la consigliera, sapere a che punto è il voto elettronico “per cui è stato stanziato 1 milione di euro e non sappiamo come avanzano queste discussioni. Non vorremmo essere messi di fronte a risultato compiuto”. Inoltre occorre “sburocratizzare la presentazione delle liste”. Contrario alla sperimentazione del voto elettronico Vincenzo Mancuso (Germania) secondo cui le elezioni andrebbero “posticipate almeno di un anno”. Di tutt’altro avviso Pietro Molle, presidente del Comites di Londra: “è importante fare le elezioni quest’anno; il 2022 nel Regno Unito sarà un anno difficile e servono forze nuove; il nostro Comites per metà è formato da giovani che già si stanno organizzando; rinviare sarebbe un brutto colpo per la loro partecipazione”. I diversi posticipi delle elezioni negli anni sono stati ricordati da Riccardo Pinna (Sud Africa) secondo cui “dal voto all’estero in poi, i Governi non ci hanno mai ascoltati. La politica ha fallito. I Comites sono stanchi e hanno sempre più paura a candidarsi perché non sanno più quanto durano”. Almeno l’amministrazione, cioè la Dgit, “sta ad ascoltarci; gli eletti all’estero sono inutili in tutti i sensi”. Eletti, ha spiegato Norberto Lombardi (Italia), che “non sono stati invitati a questa riunione: non bisogna costruire interventi su questo tema”. Secondo il consigliere nonostante “la molta e sincera stima per della Vedova, non deve essere il sottosegretario a verificare negli uffici parlamentari lo stato dei ddl, ma deve essere il Ministro ad andare dai presidenti di Camera e Senato e chiedere una corsia preferenziale per la riforma o per qualche modifica, o è impossibile che si faccia da giungo a settembre, se no ci raccontiamo le favole”. Secondo Silvia Alciati (Brasile) negli anni è “venuto meno l’entusiasmo”, così come “la partecipazione delle associazioni e l’attenzione dei consolati”. Negli anni “è mancata l’informazione da parte dell’autorità sulla esistenza di questa rappresentanza”, mentre i Comites “non hanno mai avuto soldi per promuoversi”. Giancarlo Sangalli (Perù) si è detto “molto amareggiato e deluso dal fatto che le nostre proposte si siano risolte in un nulla di fatto”. Il Cgie “non può chinare la testa e andare a rimorchio di ciò che detta la politica; sarebbe un errore”. Per il consigliere occorre “rinviare le elezioni, riformare i due organismi, e poi votare”. Dalla Spagna Giuseppe Stabile è partito dall’Imu per sostenere che “gli eletti non servono a niente” e che “se c’è qualcosa che deve essere eliminato non è il Cgie”. A margine del dibattito, il Consiglio generale ha iniziato ad esaminare il testo della risoluzione da approvare sul tema. (m.c.\aise)

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